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Il tipo di plastica che viene utilizzato per la fabbricazione di cisternette e fusti in plastica per rifiuti industriali è detto HDPE, ovvero high-density polyethylene. È un materiale tendenzialmente opaco, con caratteristiche meccaniche estremamente interessanti: resiste bene alla trazione, alle alte temperature (anche a più di 110 – 120 °C!), alla maggior parte dei solventi.

È proprio la sua robustezza estrema che lo rende adatto ad essere utilizzato come contenitore per gli usi più svariati, dai liquidi alimentari fino ai rifiuti anche pericolosi: l’HDPE è il materiale che dà la maggiore sicurezza di mantenere ben sigillato e protetto il proprio contenuto.
Dal punto di vista chimico contiene carbonio e idrogeno e si contrappone all’LDPE, low-density polyethylene, che ha composizione simile ma una forza specifica molto meno marcata.

 

Il risparmio con il riuso dell’HDPE: un calcolo

 

Come molte materie plastiche, anche il polietilene ad alta densità è un polimero derivato dal petrolio: fra materia prima ed energia impiegata nella fabbricazione si stima che servano 1,75 Kg di petrolio per ottenere 1 Kg di HDPE. Pensate a quanti fusti o cisternette si spostano giornalmente in un’azienda industriale, e fatevi il conto di quanto petrolio viene impiegato…

 

Ecco perché si ricorre, quando possibile, al riciclo: acquistare, ad esempio, 100 fusti in plastica HDPE dal peso di 0,6 Kg l’uno equivale a risparmiare qualcosa come 100 litri di petrolio!

 

La prima forma di riciclo a cui si ricorre per limitare questo spreco (e ridurre i rifiuti generati), la più conveniente, è quella del riuso dell’imballaggio nella sua totalità: come facciamo da sempre, attraverso il ritiro, un accurato lavaggio, la sostituzione (per maggiore sicurezza della nostra clientela) di tappi e rubinetterie.

 

Tuttavia, questo non è sempre possibile. Alcuni imballaggi non sono in condizioni di essere riutilizzati dopo un lavaggio, per quanto accurato, perché magari presentano un’usura troppo marcata o dei danneggiamenti. Che fare allora?

 

 

La produzione di truciolato di polietilene HDPE

In questi casi la plastica HDPE può essere semplicemente riportata in una forma più comoda per il trasporto e la vendita, per essere reintrodotta nel ciclo produttivo non solo degli imballaggi industriali ma di tutti quei prodotti che la vedono come materia prima: se ne fa ad esempio un utilizzo massiccio nella produzione di tubature, ma anche per la produzione di flaconi per detersivi, contenitori di vario tipo, mobilio in plastica e altro ancora.

 

Le aziende che producono questi articoli di solito acquistano truciolato di polietilene HDPE da utilizzare come materia prima direttamente dalle aziende plastiche che lo producono di prima mano; possono però risparmiare sia il proprio denaro che le risorse del nostro ambiente se acquistano truciolato ottenuto dalla triturazione degli imballaggi industriali non più riciclabili: come quello che proponiamo noi di Scutaro.

 

Proprio come facciamo con cisternette e fusti, anche il truciolato viene accuratamente lavato per togliere ogni residuo delle precedenti sostanze con cui è venuto in contatto. Una volta che sarà poi stato fuso ad altissima temperatura per essere trasformato, la sicurezza del materiale ottenuto è massima.

 

Lo facciamo anche noi, con la produzione del nuovo fusto a marchio Scutaro prodotto interamente da plastica riciclata.
In ogni caso i controlli sui materiali di produzione sono scrupolosi: dal nostro truciolato si potranno ricavare tubature per gli utilizzi più disparati, fogli isolanti per edilizia e utilizzi industriali, componentistica ma non (ad esempio) bottiglie in plastica destinati a contenere liquidi per l’alimentazione umana.

 

Così, anche attraverso la creazione di truciolato di alta qualità, incentiviamo il riciclo, limitiamo l’utilizzo del petrolio e aiutiamo le aziende a risparmiare i il nostro mondo a respirare un’aria un po’ più pulita.