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Anche quest’anno è stato presentato il Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA, edizione 2016.
L’ISPRA, o Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, è l’ente di ricerca che dal 2008 ha rilevato le funzioni di studio e analisi che servono come supporto alle decisioni del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Un compito delicato quindi e quantomai essenziale, vista la centralità delle tematiche legate alla gestione dei rifiuti per impostare corrette politiche ambientali.

Il Rapporto Rifiuti Speciali è giunto quest’anno alla sua quindicesima edizione e ci aiuta ad avere un quadro puntuale sulla produzione e la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, sia a livello nazionale che regionale, incluse le eventuali ricadute sull’import/export.

 

A questo link è disponibile un estratto del Rapporto:
http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/rapporto-rifiuti-speciali-edizione-2016-estratto

 

I dati disponibili riguardano tutte le nazioni dell’Unione Europea.

Sfogliandoli, scopriamo ad esempio che l’Italia nel 2012 ha prodotto 154.427.046 tonnellate di rifiuti (a fronte di un totale, in tutta Europa, di 2.5005.885.635 tonnellate), di cui pericolosi 8.987.032 (considerando un totale di 99.362.162 tonnellate a livello europeo).

Possiamo vedere gli stessi dati in relazione al PIL e le modalità di trattamento dei rifiuti adottate da ciascun paese.

 

La seconda parte del rapporto riguarda i dati specifici dell’Italia, che sono più aggiornati: i dati elaborati sono quelli relativi al 2014. Come ad esempio la tabella qui di seguito, che mostra la ripartizione percentuale della produzione di rifiuti speciali suddivisi per attività economica.

Tabella tratta da ISPRA 2016
L’edilizia risulta essere la responsabile principale della creazione di nuovi rifiuti speciali, seguita dalla stessa attività di trattamento rifiuti e risanamento degli ambienti e dalle attività manifatturiere.
Questi rapporti riflettono sia l’effettivo impatto ambientale delle attività considerate che la loro diffusione sul nostro territorio: un’attività ad alto impatto ambientale come l’estrazione mineraria, ad esempio, essendo scarsamente operata in Italia finisce per avere un peso di meno dell’1% sulla creazione di rifiuti speciali.

 

Passando alle tipologie di rifiuto prodotto, poi, vediamo che la maggior parte ricadono nelle categorie “17” (rifiuti delle operazioni di costruzioni e demolizioni) e “19” (Rifiuti prodotti da impianti di trattamento rifiuti, trattamento delle acque reflue fuori sito, potabilizzazione dell’acqua e sua preparazione per uso industriale) del sistema di classificazione comune europeo conosciuto come CER.

 

Il rapporto continua illustrando le suddivisioni regionali, i sistemi di smaltimento adottati, il trasporto transfrontaliero dei rifiuti: i paesi in cui esportiamo la maggior quantità di rifiuti sono la Germania, la Cina e la Grecia; Lombardia e Lazio sono le due regioni che ne esportano di più, mentre all’estremo opposto troviamo Molise e Basilicata che movimentano ed esportano quantità di rifiuti speciali davvero minime.

 

Nell’ultimo capitolo del rapporto troviamo degli interessanti focus su rifiuti particolarmente rilevanti dal punto di vista ambientale:

  • l’amianto, che oggi deriva soprattutto dallo smaltimento di materiali da costruzione e la cui produzione è in calo nel 2014 rispetto all’anno precedente.
  • I veicoli fuori uso, sui quali la Commissione Europea ha chiesto più volte di effettuare un monitoraggio attento.
  • Gli pneumatici usati.

 

Per chi volesse approfondire i contenuti del rapporto, sempre sul sito dell’ISPRA è possibile scaricare la versione integrale del rapporto oltre all’estratto di cui abbiamo riportato precedentemente il link.